Il tema della sicurezza pare aver perduto rilevanza nel dibattito quotidiano e politico in Versilia rispetto a quanto avveniva fino a non molto tempo fa.
Il fenomeno, come spesso accade nella nostra società, assume o perde rilievo spesso più sulla base di spinte emozionali che non su reali e concreti dati di fatto. Ovviamente, la preoccupazione di fronte all’idea di una possibile espansione di fenomeni di illegalità e di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nel tessuto socio economico e nella pubblica amministrazione dovrebbe, ovviamente, fondarsi su attente analisi delle dinamiche in atto sui territori.
Certo è che sul tema della difesa e dell’affermazione della legalità non può mai essere abbassata la guardia, soprattutto se si pensa agli appetiti che, nonostante la crisi, il sistema economico della Versilia (dalle cave, all’edilizia, al mare, solo per citare i più evidenti) può ancora solleticare e smuovere.
E’ evidente che il cittadino comune non ha le informazioni e gli strumenti per sapere e comprendere cosa si muove sotto il pelo dell’acqua, ma è altrettanto vero che i pubblici amministratori, le forze politiche, le classi dirigenti sociali, culturali, economiche e finanziarie non posso non approfondire, non possono non analizzare, non possono non sapere e soprattutto non possono non agire a contrasto dei fenomeni, ad esempio di infiltrazione di capitali “sporchi” nel tessuto economico locale e a tutela e garanzia della legalità.
Tutto questo è fondamentale, oltre tutto, anche perché un sistema generale delle interrelazioni nel tessuto socioeconomico è condizione indispensabile per poter aspirare ad una possibile ripresa socioeconomica (oltre che morale e culturale) fondata sull’equità, sulla sostenibilità e sulla continuità per le nuove generazioni.
In termini netti e diretti: la classe dirigente di oggi non può consentire a pochi o pochissimi “players” di accaparrarsi e bruciare tutte o quasi le risorse del territorio in tempi brevissimi e con una redistribuzione per pochissimi.
Anche i fenomeni di criminalità comune hanno avuto, negli ultimi tempi, minore rilevanza mediatica e politica; forse perché sono diminuiti o non avvengono in modo eclatante, forse perché in termini di propaganda politica la caccia “all’uomo nero”, al diverso, al clandestino ha visto progressivamente scaricarsi la sua forza emotiva e il suo impatto elettorale.
Il fattore negativo è che, né nei tempi nei quali bastava gridare al pericolo immigrati, né tanto meno adesso, tempo nel quale le preoccupazioni di tutti sono ben più gravi e rivolte ad un pericolo effettivamente concreto e implacabile, quasi nessuno ha provato a mettere le mani esattamente là dove andrebbero messe e cioè nel rammaglio del tessuto sociale, nella creazione di una rete di formazione continua e permanente trangenerazionale e nella inclusione non solo dei soggetti provenenti da altri Paesi e altre culture, ma anche e forse principalmente dei soggetti e delle realtà emarginate che sono diffuse su tutto il territorio nazionale.
L’Italia ha bisogno di combattere una vera e propria guerra contro tutti fenomeni di degrado che sono tra i maggiori determinanti dell’espandersi di fenomeni malavitosi: dal degrado urbano e urbanistico, si pensi alle periferie delle grandi città, al degrado delle strutture e dei servizi pubblici, al sempre più grave distacco e disinteresse di enormi fasce di popolazione nei confronti di teatro, musica, letteratura, scienza…
Grandi masse di cittadini sono sempre più abbandonate a se stesse, si sentono sempre più soli e sembrano non avere più la benché minima percezione dell’esistenza delle Istituzioni e dei servizi pubblici da esse erogati. Questo anche, paradossalmente, quando i servizi pubblici vengono effettivamente erogati anche a livelli più che dignitosi.
La scollatura è così grande, così profonda che ampie fasce di popolazione ignorano, non valutano, non percepiscono il peso e la sostanza dei servizi pubblici che ricevono.
Bisogna anche aggiungere che l’illegalità e i fenomeni di criminalità diffusa e comune come le effrazioni nelle abitazioni e gli scippi colpiscono principalmente le fasce di popolazione più deboli e indifese: gli anziani, le persone sole, i gruppi familiari economicamente meno forti, coloro che non hanno soldi per installare inferriate, sistemi di allarme, illuminazioni esterne al perimetro di casa.
Questi problemi gli amministratori locali li conoscono molto bene perché se ne devono fare carico quasi quotidianamente e con sempre minori risorse economiche ed umane: i tagli alla spesa pubblica e il blocco delle assunzioni, obbligate alla cieca dai Governi nazionali secondo il metodo dei tagli lineari, hanno fatto negli anni danni incalcolabili.
Anche riguardo al tema più banale del semplice ordine pubblico il decennio di obblighi alle Istituzioni pubbliche di riduzione delle possibilità di spesa anche per le nuove tecnologie e l’impossibilità di rafforzare i reparti di polizia municipale e delle forze dell’ordine statali hanno intaccato oltre che l’operatività di questi settori, anche l’orgoglio di appartenenza e la voglia di esprimere le loro facoltà.
C’è bisogno che chi governa comprenda e valuti i costi aggiuntivi che la società italiana sta pagando da quando lo Stato, seguendo i rigidi, freddi e stolti parametri sui tagli alla spesa pubblica, ha deciso di ritirarsi di fronte alla presenza nelle strade, nelle stazioni, davanti ai locali aperti la sera e la notte, di masse crescenti di soggetti pericolosi, senza scrupoli e senza niente da perdere.
Qual è il costo sociale, morale, economico della ritirata dello Stato nei confronti della criminalità comune?
Il costo politico per il sistema democratico rispetto all’idea che i cittadini si sono fatti di uno Stato indifferente o incapace di fronte alle paure di milioni di cittadini è stato enorme. La perdita di autorevolezza delle istituzioni è crescente e ben visibile anche a osservatori disattenti.
Il senso crescente di una ingiustizia continua perpetrata da uno Stato debole (quando non colluso) con i forti e forte (quando non ingiusto e persecutorio) con i deboli ha raggiunto livelli ben più gravi della linea di allarme. Pare che si stia sempre più approssimando il limite di non ritorno.
Quelli che un tempo erano definiti come i servitori dello Stato: le forze dell’ordine e i militari, gli insegnanti, gli operatori sanitari, i ferrovieri, la grande massa dei dipendenti pubblici sembrano quasi pronti a ribellarsi contro il proprio datore di lavoro e sovente manifesta odio contro di esso come e più delle famigerate partite iva.
In ogni caso, partendo dai territori e dalla provincia si possono mettere in atto politiche di attenzione
alla legalità e di maggiore difesa della sicurezza dei cittadini.
Bisogna che il senso civico e la voglia di partecipazione dei cittadini si riapproprino degli spazi pubblici esterni. È indispensabile che questo percorso venga stimolato e aiutato dalle amministrazioni comunali in collaborazione con il grande e vasto mondo del volontariato culturale, sociale e sportivo.
Buoni risultati hanno dato in anni recenti le sperimentazioni di coinvolgimento dei cittadini nei progetti di “Controllo di vicinato”, ma tanta strada è ancora da compiere e, comunque, la tutela della legalità non può essere demandata solo all’azione di cittadini virtuosi.
Alla Versilia, diciamolo chiaro, non servono sette comandi di polizia municipale per sette Comuni. Il futuro non funziona così e il tempo delle fusioni dei servizi comunali dovremmo averlo già alle spalle da anni, nel senso che questi dovrebbero già essere divenuti da anni di dimensione sovracomunale.
Al contrario anche le esperienze già avanzate, preparate nel quindicennio 2000/2015 sono state affossate e distrutte da una generazione di amministratori comunali quasi del tutto privi di consapevolezza del ruolo ricoperto e dei reali bisogni dei loro cittadini ed orienti verso un grottesco e scandaloso sovranismo comunale che è destituito di ogni minimo fondamento logico e razionale.
Per questo, per perseguire questa follia, affogati in un mare di incapacità, alcuni amministratori comunali hanno causato la chiusura di esperienze positive come la Società della Salute, come le convenzioni per la gestione del personale e per questi, non ancora appagati dalla furia distruttiva, questi stessi stanno ponendo la pietra tombale sull’Unione dei Comuni della Versilia.
Obiettivi
Favorire lo sviluppo di una socialità attiva diffusa e consapevole.
Rafforzare la rete delle collaborazioni tra le polizie municipali dei sette Comuni e le forze di polizia che sono in campo in Versilia.
Integrare e possibilmente unificare sotto un’unica centrale di Comando di tutti i corpi di polizia municipale della Versilia.
Espandere le esperienze di “controllo di vicinato”.
Garantire il controllo del territorio del territorio espandendo i sistemi di video-sorveglianza.