Condividiamo da lanuovaecologia.it
Recepito un ricorso dei cittadini contro l’impianto. La sentenza: “L’Ilva non può restare aperta se presenta gravi pericoli per la salute e per l’ambiente”
L’acciaieria di Taranto, la seconda più grande d’Europa, può chiudere i battenti, in ragione della tutela della salute dei cittadini e della tutela dell’ambiente. Lo ha affermato la Corte di giustizia dell’Ue, con una sentenza in merito all’azione inibitoria collettiva contro l’ex Ilva di Taranto promossa da 10 cittadini aderenti all’associazione Genitori Tarantini e da un bambino di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica. La sentenza stabilisce la supremazia del cittadino su quella della produzione e del fatturato. “Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria Ilva dovrà essere sospeso”. Spetterà ai giudici nazionali fare le valutazioni e procedere alle decisioni necessarie, ma intanto i giudici di Lussemburgo hanno la via da seguire in materia di diritto.
Il punto centrale della sentenza sull’ex Ilva di Taranto, per il tribunale a Lussemburgo, è che la nozione di “inquinamento” ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria ex Ilva deve quindi costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti da tale direttiva. E nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale.
Gli stessi giudici ricordano che nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato come l’acciaieria provocasse significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. «La legislazione interna –ha scritto in sintesi la Corte di Lussemburgo – non può ritenere la valutazione del danno sanitario estranea al rilascio e al rinnovo dell’autorizzazione integrale ambientale che dev’essere estesa alla salvaguardia da tutte le sostanze nocive di cui si abbia di volta in volta notizia non solo da quelle tradizionali. La legislazione interna non può prorogare per tanto tempo l’applicazione della direttiva ambientale del 2010». «Quindi – ha aggiunto la Corte, come proprio monito -, ogni attività industriale che non segua queste regole va sospesa».