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Legambiente: “Deludente che un incontro tra i Paesi delle maggiori economie mondiali possa continuare ad appoggiare costose soluzioni in declino come il nucleare a scapito di fonti rinnovabili”
“Sono molto soddisfatto dei risultati del G7 e ringrazio le delegazioni per l’ottimo lavoro svolto”. Così ha commentato il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, a conclusione del G7 Ambiente, Energia e Clima svolto a Venaria Reale, in provincia di Torino. Ed è proprio la Carta di Venaria, il comunicato congiunto con il quale si è conclusa la due giorni, che annuncia il risultato principale del forum: un phase-out dal carbone entro il 2035. Eppure, a quanto dicono le cronache, si farà “compatibilmente” con le esigenze di sviluppo di ogni Paese e le condizioni geopolitiche del momento.
“L’obiettivo sul carbone vale per i 7 Paesi più industrializzati – ha spiegato il ministro Pichetto Fratin – I Sette vogliono essere leader, e porteranno questo argomento alle Cop. Poi c’è tutta la parte di proposte su transizione, clima e adattamento. Ecco perché parliamo con la Carta di Venaria di ponte tra Cop28 e Cop29”. E il ministro ha spiegato anche l’impegno dell’Italia in ambito energetico. “Quando parliamo di finanza sul clima riguarda l’impegno dei Paesi del G7 a trovare i fondi per aiutare i Paesi in via di sviluppo. L’Italia ha posto la questione Africa, col Piano Mattei“.
Le associazioni però non festeggiano, e credono che gli obiettivi concordati non siano sufficienti.
“Il documento finale, approvato oggi a chiusura del G7 Ambiente, Energia e Clima di Torino, ci lascia con l’amaro in bocca – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Era altro quello che speravamo lanciando in apertura dei lavori le sei priorità indirizzate al ministro Pichetto Fratin: un cambio di rotta e un segnale forte da parte del Governo Meloni nel non cedere alle lobby del nucleare e del gas fossile e nella lotta alla crisi climatica, con un’accelerazione del processo di decarbonizzazione. E un chiaro sostegno da parte dei Paesi industrializzati come quelli del G7 nel sostenere il Patto di solidarietà per il clima (proposto da Guterres a Dubai) che chiede di raggiungere zero emissioni nette già nel 2040 e sostenere finanziariamente l’azione climatica dei Paesi più poveri e vulnerabili, in modo da raggiungere la decarbonizzazione a livello globale entro il 2050 in linea con l’obiettivo di 1.5°C dell’accordo di Parigi. Invece il documento finale di fatto rimanda il phase-out del carbone alla prima metà degli anni 2030 e non assume nessun impegno concreto per quello del gas e sullo stop ai sussidi alle fonti fossili e ambientalmente dannosi. Passando al setaccio i vari temi e le lacune, è deludente che un incontro tra i Paesi delle maggiori economie mondiali possa continuare ad appoggiare false risposte come il nucleare (una fonte energetica in continuo declino nel mondo a causa dei suoi costi elevatissimi) e la cattura e stoccaggio del carbonio (ad oggi assolutamente inefficaci). E che tali Paesi siano disposti a sostenere, con risorse pubbliche e private, tali soluzioni a scapito di un’accelerazione sulla realizzazione delle uniche soluzioni e politiche oggi possibili per raggiungere gli obiettivi climatici nei tempi richiesti dal Pianeta: fonti rinnovabili, politiche di efficienza, reti e accumuli. È necessario che vadano in questa direzione tutte le risorse disponibili per attuare una veloce transizione energetica, senza lasciare indietro nessuno, dai Paesi in via di sviluppo fino alle nostre periferie e famiglie, aiutando a ridurre i costi in bolletta, con politiche che incentivino innovazione energetica e posti di lavoro. Mancano anche politiche di uscita dal petrolio e dal gas, anche per salvaguardare i Paesi più vulnerabili ed esportatori di queste fonti inquinanti e climalteranti”.
“Anche sul tema acqua – prosegue Ciafani – il risultato non è dei migliori: si parla di una coalizione per l’acqua ma gli obiettivi e le strategie comuni dovranno uscire dalla logica del solo approvvigionamento e uso della risorsa, come avvenuto fino ad oggi; dovranno invece ripartire dalla sua tutela e corretta gestione, a cominciare dalla riduzione dell’impronta idrica di processi e prodotti come parametro di riferimento da valutare; e dalla messa al bando di quelle sostanze chimiche, come i PFAS, che minacciano la disponibilità oltre che la qualità di questa preziosa risorsa. È positivo, infine, che il documento abbia posto l’attenzione sull’intero ciclo di vita dei prodotti in plastica, con l’obiettivo di ridurre il superfluo e valorizzare processi e prodotti virtuosi di economia circolare che, puntando sull’ecodesign, possano garantire prevenzione, innovazione e sostenibilità di intere filiere produttive.”