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È questa la misura più sicura per contenere il numero di vittime e feriti e abbattere le emissioni di CO2 e gli inquinanti. Ma nel piano di riforma del Codice della strada proposto dal ministro Salvini si punta all’inasprimento delle sanzioni e a norme più severe per l’uso dei monopattini
È in corso la discussione nelle commissioni parlamentari del disegno di legge del ministro dei Trasporti Matteo Salvini per la riforma del Codice della strada in tema di sicurezza. Una questione assai delicata come dimostrano i numeri: nel 2022 su 165.889 incidenti stradali ci sono stati 3159 morti (oltre 8,6 decessi al giorno) e 223.475 feriti. Dati in crescita di oltre il 9% rispetto all’anno precedente, il 2021, quando si erano verificati 151.875 incidenti con 2.875 decessi. Una vera e propria guerra.
Nel confronto europeo l’Italia è messa piuttosto male. Nel nostro Paese ci sono stati 54 morti ogni milione di abitanti, mentre la media in Europa è di 46. Nel 2010 i morti erano 68, in Europa 67. Vuol dire che in Europa le strade sono diventate decisamente più sicure di quanto abbiamo saputo fare in Italia. Il Piano nazionale sicurezza stradale (Pnss) si propone di dimezzare i morti e i feriti gravi entro il 2030: per farlo vengono esaminate le principali cause di incidenti e si propongono adeguate misure di prevenzione, norme tecniche e risorse economiche per mettere in sicurezza le strade e i veicoli.
Cosa propone, invece, il ministro Salvini? Aumenta le sanzioni per gli ubriachi e i drogati al volante. Problema gravissimo, che riguarda il 6% delle cause di incidenti gravi. Ma non serve aumentare le pene se, come nel caso di chi telefona o messaggia mentre guida, non si fa nulla per aumentare i controlli su strada. Salvini propone norme severe contro i monopattini: velocità 20 all’ora, patentino, casco obbligatorio contro un mezzo che ha provocato l’anno scorso 16 morti per investimenti o cadute accidentali di chi li guidava. Il ministro se la prende con i ciclisti, limitando le strade urbane ciclabili e le corsie ciclabili, eliminando la casa avanzata ai semafori, confinando i ciclisti in zone ciclabili e nelle poche piste ciclabili. In altre misure si sono tolti 40 milioni di euro ai Comuni per realizzare piste ciclabili.
La legge delega infine il ministro a “rivedere la disciplina della circolazione dei velocipedi e degli altri dispositivi di micromobilità individuale”. Si proclama “norma salvaciclasti” l’obbligo alle auto di un metro e mezzo di distanza di sicurezza in caso di sorpasso delle due ruote, ma solo “ove le condizioni della strada lo permettano”, cioè quasi mai.
Cosa si dovrebbe fare, invece? Nelle strade extraurbane le cause prevalenti sono per il 21% la distrazione, per il 13% velocità troppo elevata, per l’11% la distanza di sicurezza. Ormai le nuove auto, come i nostri smartphone, sono in grado di riconoscere, segnalare e limitare automaticamente tali rischi. Limitare le velocità massime è la misura più sicura, efficace ed efficiente per ridurre i rischi in strada, per limitare le emissioni di CO2 e gli inquinanti.
Il 49% dei morti sono utenti deboli: pedoni, ciclisti, disabili in carrozzina, utenti di monopattini, mentre la maggior parte degli incidenti gravi coinvolge auto e furgoni. In città si registrano il 73% incidenti, il 70% feriti, il 48% dei morti (appena il 40% nelle città europee). I sindaci devono diventare i protagonisti delle misure di sicurezza in strada, i Piani comunali (Pums) dovrebbero essere rafforzati. Il ministro Salvini taglia invece i fondi a disposizione dei sindaci e i loro poteri. Per il ministro i primi cittadini non potranno decidere “zone 30” troppo estese, istituire zone a pedaggio come a Milano e neppure limitare i veicoli più inquinanti. Ma non sono certamente queste le scelte che permetteranno al nostro Paese di diminuire i morti e feriti nelle strade.