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Il decreto “Autovelox” segna un altro passo indietro nella tutela degli utenti della strada. Un cartello di associazioni, da Legambiente a Salvaiciclisti, chiede all’esecutivo di riscrivere il testo con una riforma condivisa e basata sui dati. Per ridurre il numero di collisioni e salvare vite umane
Lo scorso 28 maggio è stato pubblicato in “Gazzetta Ufficiale” l’annunciato decreto “Autovelox”, che segna un ulteriore passo indietro nella tutela della sicurezza stradale e nella corretta gestione della mobilità nel nostro Paese. Così, mentre la riforma del Codice della strada attende di essere discussa in Senato, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit) interviene con una misura che riduce di fatto l’efficacia dei controlli e legittima l’impunità per quanto riguarda le violazioni dei limiti di velocità, cioè la prima causa delle collisioni gravi (dati Istat). Il decreto continua inoltre a limitare il margine d’azione dei Comuni, rendendo quasi impossibile fare prevenzione dell’eccesso di velocità sulle strade.
“È un ulteriore e gravissimo attacco alla sicurezza stradale, alle vittime della strada e alla promozione della mobilità sostenibile – hanno denunciato in un comunicato congiunto una serie di associazioni, da Legambiente a Città30, da Salvaiciclisti a Clean cities – Il governo continua a legittimare il diritto alla velocità e l’abuso, a scapito delle regole e della sicurezza, del mezzo privato. Ignorando le evidenze scientifiche e gli indirizzi seguiti da altri Paesi che nel mondo stanno ottenendo riduzioni più marcate di morti e feriti in strada”.
Sono numerose le criticità rilevate dalle associazioni, che lanciano un appello: “Chiediamo al governo e al Senato di fermarsi e riscrivere il testo del Codice della strada e del decreto Autovelox, coinvolgendo le associazioni dei familiari delle vittime della strada e gli esperti del settore. Le istituzioni invertano questa preoccupante tendenza a difesa di un’illegalità già diffusa sulle strade, rassicurando le vittime e tutti i cittadini di questo Paese su una reale transizione a forme di mobilità più sostenibile e sicura per tutte le età, le abilità e i generi”. E ancora, le associazioni chiedono alle istituzioni di invertire la rotta “attraverso una riforma condivisa e basata sui dati per sperare di ridurre veramente il numero di collisioni e salvare vite umane”. Nei fatti, aggiungono, “il governo sta abbandonando gli obiettivi Vision Zero dell’Oms sulla sicurezza stradale, recepiti nel Piano nazionale sicurezza stradale. Che lo ammetta anche a parole”.
Tutte le criticità del decreto
Deriva politica che legittima chi infrange le regole: il decreto si allinea con una strategia volta a comprimere l’autonomia di sindaci e amministrazioni, che hanno la responsabilità della salute pubblica nel loro territorio. Questa normativa limita il potere locale in materia di tutela della sicurezza stradale.
Dati ed evidenze ignorati: un approccio miope che contrasta con le pratiche di successo già adottate in altri Paesi europei, per cui i controlli diffusi sono un potente deterrente a morti e feriti in strada. Il decreto del Mit ignora sistematicamente e scientemente, sulla scia dell’impianto della riforma del Codice della strada, i dati scientifici, gli appelli delle associazioni delle vittime della strada e le esperienze di successo in Italia e all’estero.
Limitazioni agli autovelox in città: il decreto vieta l’uso di autovelox fissi e mobili in città dove il limite di velocità è inferiore ai 50 km/h. Questa restrizione riduce l’efficacia dei controlli e compromette la sicurezza nelle aree urbane, dove la maggior parte delle collisioni gravi avviene a causa dell’eccesso di velocità.
Limitazioni sulle strade extraurbane: non potranno essere installati autovelox dove il limite è inferiore di oltre 20 km/h a quello previsto dal Codice della strada: ad esempio, se in una strada c’è il limite dei 90 si potranno installare autovelox per rilevare multe a chi supera i 70 Km/h, ma non posizionare autovelox con limite dei 50. Questo si applica anche laddove vi sono caratteristiche che rendono la strada meno sicura (affioramento di radici degli alberi, strade dissestate). Ponendo un limite inferiore, a tutela della sicurezza, l’amministrazione può vedersi bloccare la possibilità di indurre al rispetto di limiti adeguati allo stato delle strade.
Efficacia compromessa: le modalità operative per l’uso degli autovelox mobili, che richiedono l’intervento immediato della polizia per fermare i veicoli, rendono i controlli discontinui e inefficaci. Questa misura penalizza la prevenzione continua e sistematica delle collisioni stradali.
Distanze di “sicurezza”: le nuove normative stabiliscono distanze minime obbligatorie tra i segnali di limite di velocità e gli autovelox, rendendo l’installazione dei dispositivi più complessa e burocraticamente onerosa.
Controllo centralizzato: saranno i prefetti, e non i sindaci, a decidere le zone per l’installazione degli autovelox, concentrandosi solo su aree con elevata incidentalità e difficoltà di contestazione immediata. Questa centralizzazione del controllo riduce la flessibilità e la capacità delle autorità locali di intervenire in modo mirato e tempestivo.