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La presidente Ursula von der Leyen lo ha detto durante la plenaria del Parlamento europeo: “Gli agricoltori hanno bisogno di un’argomentazione commerciale valida per le misure di miglioramento della natura”. Legambiente: “Decisione incomprensibile che non aiuta né gli agricoltori né il futuro dell’agricoltura”
Mentre la protesta dei trattori arriva a Strasburgo, con alcune centinaia di manifestanti che questa mattina hanno bloccato l’ingresso all’Eurocamera, dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen arriva l’annuncio che proporrà al collegio dei commissari il ritiro della proposta legislativa per dimezzare l’uso pesticidi nell’agricoltura europea entro il 2030. In un intervento alla plenaria del parlamento europeo, la presidente ha dichiarato che l’attuale regolamento è diventato “un simbolo di polarizzazione” motivo per cui sarà necessaria “una nuova proposta, più matura”. “La proposta è stata rigettata dall’Eurocamera, e non ci sono progressi neanche in Consiglio”, ha sottolineato von der Leyen. “Gli agricoltori hanno bisogno di un’argomentazione commerciale valida per le misure di miglioramento della natura, e forse noi non l’abbiamo fatta in modo convincente. Di un vero e proprio incentivo che vada oltre la semplice perdita di resa. I sussidi pubblici possono fornire tali incentivi”. In tal senso, la von der Leyen ha lanciato l’idea di “un’etichettatura premium, ad esempio in collaborazione con i rivenditori e i trasformatori”.
A Roma, il governo incassa con soddisfazione il dietrofront della von der Leyen. “La Commissione Ue recepisce le proposte dell’Italia – ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida – Bisogna limitare ulteriormente gli agrofarmaci solo quando si è in grado di proteggere le produzioni con metodi alternativi. Abbiamo contrastato, dal primo giorno, un approccio ideologico sul tema che avrebbe avuto un effetto devastante sulle produzioni e limitatissimo sull’ambiente. È evidente e logico che eliminare medicine indispensabili per le piante, lasciandole preda di insetti o fitopatie, contrae decisamente la produzione se non la cancella. Se i consumi europei restano invariati, ci si deve approvvigionare, di conseguenza, da paesi terzi che non rispettano alcuna delle regole che imponiamo ai nostri agricoltori. Anzi producono utilizzando maggiori quantità di pesticidi. In questo modo l’effetto su aria e acqua del pianeta è esattamente l’opposto di quello dichiarato. L’Italia ha proposto di lavorare, ed è stata avanguardia in questo, sulle Tea (tecniche di evoluzione assistita) per garantire piante più forti e resistenti che possano fare a meno di agrofarmaci”.
Critiche alla decisione della von der Leyen vengono invece mosse dalle associazioni ambientaliste. “L’annuncio della presidente della Commissione Ue di voler proporre il ritiro della proposta legislativa sui pesticidi – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è incomprensibile e rappresenta un sonoro passo indietro rispetto al grande tema dell’agrogeologia e al futuro dell’agricoltura. Così facendo non si aiutano gli agricoltori, né l’ambiente e la salute dei cittadini. Si tratta dell’ennesima strumentalizzazione politica in vista delle prossime elezioni Europee. Questo regolamento, che era attualmente in discussione, avrebbe potuto rappresentare uno dei fondamenti della nuova politica agricola comune, architrave di un più ambizioso green deal europeo e uno strumento importante per raggiungere gli obiettivi della strategia Farm to fork, quali la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici e la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi più pericolosi entro il 2030. Senza contare che uno dei temi al centro della proposta di regolamento, oggi messa in discussione dalla Commissione Ue, riconosce in termini decisi il ruolo dell’agricoltura biologica nella riduzione dei pesticidi indicandola come priorità nei piani d’azione nazionali. Il nostro auspicio è che la nuova proposta di regolamento che la Commissione Ue dovrà formulare vada nella stessa direzione del regolamento appena ritirato per difendere davvero la qualità e l’eccellenza delle produzioni europee, l’ambiente e la salute degli agricoltori e dei consumatori”.
“Come denunciamo da anni con il nostro report Pesticidi nel piatto – aggiunge Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura di Legambiente – buona parte della frutta, della verdura e degli alimenti che mangiamo tutti i giorni contengono residui di pesticidi. Un fatto grave su cui è fondamentale lavorare per arrivare ad una regolamentazione. Il Sur andava in questa direzione per cui quanto annunciato oggi dalla presidente Commissione Ue ci lascia sgomenti. Parliamo di un regolamento che fino ad oggi ha avuto un iter travagliato, e che faticosamente stava cominciando a vedere la luce. L’Europa ci ripensi, mentre a livello nazionale torniamo a ribadire anche l’urgenza dell’adozione del Pan (Piano d’azione Nazionale per l’uso sostenibile dei fitofarmaci) e l’approvazione di una legge nazionale contro il multiresiduo che vieti la compresenza di principi attivi”.
“Gli agricoltori sono in difficoltà non per le ipotesi di riforme green che ancora devono prendere piede, ma per decenni di gestione comunitaria che ha privilegiato le grandi imprese senza riuscire a difendere gli interessi delle piccole imprese e dei metodi sostenibili come il biologico. Il Green Deal ha dato una grande spinta al biologico che è in forte espansione anche per via dei risultati economici che ottiene. Tornare indietro rinunciando al taglio dell’uso di pesticidi non significa aiutare gli agricoltori ma fossilizzare un modello agricolo perdente da tutti i punti di vista: economico, occupazionale e ambientale”. È il commento di Maria Grazia Mammuccini, coordinatrice della Campagna “Cambia la Terra-No ai pesticidi Si al biologico”.
Oggi oltre il 60% dei suoli europei è degradato (in Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Europeo per il Suolo, siamo al 47%). E l’80% dei campi agricoli soffre di erosione come principale causa di deterioramento. Ma questi non sono dati solo ambientali. Il punto è che un suolo sano e ricco di biodiversità è già oggi il fattore che fa la differenza dal punto di vista economico. Lo provano i numeri che emergono da una recente ricerca condotta da Intesa San Paolo. Tra il 2019 e il 2022 le imprese agricole non biologiche hanno avuto una crescita di fatturato del 16,1%, quelle biologiche del 23,1% (e con un margine operativo lordo superiore).