De Andrè e gli altri in un unico romanzo collettivo
GINO CASTALDO, ‘IL CIELO BRUCIAVA DI STELLE – LA STAGIONE MAGICA DEI CANTAUTORI ITALIANI’ (Mondadori, pp. 335, euro 20,00).
FONTE ANSA- La storia comincia come un thriller: è la notte del 27 agosto 1979 e in Sardegna vengono rapiti Dori Ghezzi e Fabrizio De André. Un incipit scioccante che spiazza il lettore abituato alle tradizionali cronache di musica e che, spalancando le porte sull’ Italia dilaniata di quegli anni, affronta subito la sfida di raccontare da un punto di vista nuovo l’unico autentico romanzo collettivo e popolare prodotto dalla nostra cultura del ‘900: la canzone d’autore. Gino Castaldo, firma storica della critica e della divulgazione musicale, ha scritto il suo nuovo libro, “Il cielo bruciava di stelle – La stagione magica dei cantautori italiani” (Mondadori, pp. 335, euro 20,00) con l’intento preciso di esprimere un punto di vista originale sui tre anni, dal 1979 al 1981, che hanno visto figure come Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Franco Battiato, Fabrizio De André, Lucio Battisti, Francesco Guccini, Pino Daniele produrre, in una straordinaria sequenza, capolavori ed eventi che hanno cambiato per sempre il corso della musica e della società italiana. Liberato dall’obbligo del biografismo che è una parte ingombrante del mestiere del giornalista, Castaldo non propone una storia dei cantautori né la correlata discografia essenziale. Sceglie piuttosto la strada più difficile, raccontare qualcosa di più complesso e per certi aspetti inafferrabile: un momento di grazia collettivo in cui l’Italia intera ha affidato a una figura nuova di artista il compito di dare voce ai propri sentimenti, alle paure, ai dubbi, persino alle domande sul futuro. Castaldo quegli anni li ha vissuti “da dentro” e soprattutto ha conosciuto e conosce benissimo i protagonisti de “Il cielo bruciava di stelle”, avrebbe potuto tranquillamente scrivere un diario, un racconto in prima persona dove l’Io narrante avrebbe finito per fare ombra alla musica. Ha scelto invece una posizione più defilata come si fosse messo in ascolto del flusso della storia per dare spazio al racconto di un miracolo. Questo è un libro che va letto come si dovesse ascoltare un bell’album: sono le canzoni, i momenti in cui sono state scritte, il senso profondo di una magica combinazione tra musica e parole, il filo conduttore di una trama complessa che scorre come la puntina sui solchi del vinile illuminando personalità e personaggi straordinari, in qualche caso amici in altri soltanto rivali (perché alla fine tutti i grandi artisti sono rivali tra loro), aneddoti formidabili e sconosciuti, figure minori, città, soprattutto Bologna ma anche Roma, Napoli, Milano, che diventano palcoscenici e fucine di novità. C’è tanta conoscenza e voglia di capire e far capire ma anche tanta complicità e umana comprensione (Springsteen direbbe “compassion”) in queste pagine in cui eventi anche minimi hanno dato vita a canzoni senza tempo. Ma c’è anche la lucidità di chi ha visto, e qualche volta subito, i fatti e i misfatti di una vita sociale e politica che in quegli anni era devastante: terrorismo, stragi di stato, violenza diffusa, crisi economica, l’obbligo di dare una lettura ideologica ad ogni aspetto del vivere. E così il racconto è punteggiato da brevi capitoli dedicati ai principali eventi di cronaca intitolati con una raffinatissima citazione “Entr’acte” che in francese vuol dire intermezzo ma che è anche il titolo del capolavoro del cinema dadaista firmato nel 1924 da René Claire, con musiche di Satie e Man Ray e Duchamp nel cast. Un libro necessario e originale che racconta anni formidabili e irripetibili senza nostalgia e che non soltanto fa capire come la musica sia un bene prezioso, ma anche che ci insegna a guardare in modo più profondo e consapevole a un passato straordinario. Per essere pronti per il futuro. Senza dimenticare che, parafrasando Pete Townshend, fondatore e mente degli Who, la musica non risolverà i tuoi problemi ma ti permetterà di ballarci sopra. (ANSA).