“Si percorre il deserto con residui /
di qualche immagine di prima in mente.
// Della Terra Promessa / Nient’altro un
vivo sa”.
Così, drammaticamente, Ungaretti riassume il nostro stato di coscienza. Posta dinnanzi all’oceano
dei propri ricordi, essa, vi si sporge sempre come dinnanzi al proprio «finis terrae», sgomenta della loro inafferrabile vastità, e ad un tempo sorretta (consolata?) da un qualche filo che, come un’ancora di salvezza, a qualcuno di essi nella profondità degli abissi si riannoda, riportandolo nella sua originaria e smagliante interezza alla luce.
Così come accade in questo testo inedito della poetessa e anglista lucchese, Paola Butori Church.
Giuseppe Cordoni
Mi rammento le rondini a Dunwich,
me le rammento, le rondini di Dunwich,
in pieno giorno e alla sera,
portano nel becco steli splendenti di luce,
coccarde attraverso i secoli.
E mi ricordo le rondini a Dunwich,
perché hanno preso la mia giovinezza –
filo d’erba nel becco per il nido –
ma a chi l’abbiano consegnata io non so.
Quando erosa dal mare
la rupe come scheletro secco
crollerà, esse continueranno
a volare
anche senza più nidi,
senza più tetti sotto cui posare,
e alle strade selciate
senza più orme di passanti
le alghe e i loro sogni
s’annoderanno.
Tanto so e mi basta sapere se
mi rammento le rondini,
le rondinelle a Dunwich alte sul mare.
Paola Butori Church